Memling e il viaggio dei Magi. La "cinetica africana" e l'ossessione della danza nella percezione rinascimentale


Abstract


En
The Gospel of Matthew (2: 1-12) tells us that three wise men, the Magi, came from the East to worship the divine child, the future King of the Jews. Since the early centuries of the Christian era, new data was gradually added to the canon of tradition. And only in the Fourteenth century did John of Hildesheim define one of the Magi as being "Ethiopian", meaning that he came – according to the geographic knowledge of that time- from sub-Saharan Africa in its broad sense.As a result, in iconography, three banners were created to differentiate between the countries and peoples of origin of the three character. In Hans Memling’s work, the African king’s standard is the only one showing a colorful full length figure, characterized by an enthusiastic and lively dynamism, instead of elementary symbolism. This icon summarizes the Western view of African kinetics: it defines a "national and ethnic" model, going beyond the stylized form expressing the Renaissance perception of foreigners. It arises from the common belief that Africans did not think of anything but dance.This idea of expressing themselves and "living" while dancing has become the figurative paradigm of the exotic and picturesque attitude of individuals and peoples profoundly "different" from us. In the history of culture the paradigm is well represented and developed between the Middle Ages and Renaissance: see, for example the iconography of coats of arms, the images included in the first eth-nographic chronicles, the shows of the European courts and the representations and parodies of Moorish dance.
It
Tre saggi arrivarono da Oriente per adorare il bimbo divino, futuro re dei Giudei: questo è tutto ciò che ci dice il Vangelo di Matteo (2, 1-12) sui Magi. Nuovi dati saranno gradualmente aggiunti al canone dalla tradizione, a cominciare dai primi secoli dell’era cristiana. E solo nel XIV secolo Giovanni da Hildesheim attribuì a uno dei Magi la qualifica di “Etiope”: proveniente cioè - nella geo-grafia dell’epoca - dall’Africa subsahariana intesa in senso generico.A sua volta l’iconografia, per distinguere i paesi e popoli di provenienza dei tre personaggi, coniò tre vessilli. Nell’elaborazione di Hans Memling, non priva di precedenti, lo stendardo relativo al re africano è l’unico a non essere espresso da un simbolismo elementare, rappresentando invece un personaggio di colore a figura intera, caratterizzato da un dinamismo entusiastico e vivace. L’icona sintetizza la visione occidentale della cinetica africana: definisce cioè un “tipo” nazionale ed etnico andando oltre la semplice fisiognomica, forma stilizzata, tra altre, di quella che era la percezione rinascimentale degli stranieri; e trova spunto nel luogo comune che gli africani non pensino ad altro che a danzare.Quest’idea di esprimersi e “vivere” danzando diventa paradigma figurato di un’attitudine esotica e pittoresca di individui e popoli profondamente “diversi” da noi. Nella storia della cultura il para-digma si trova ben rappresentato e sviluppato fra Medioevo e Rinascimento: nell’iconografia dei bla-soni aristocratici, ma anche nelle prime cronache etnografiche, negli spettacoli delle corti europee, nelle parodie e nell’iconografia della danza moresca.

DOI Code: 10.1285/i20380313v21p141

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