La fragilità ossea svelata dagli ultrasuoni può consentire la “produzione di salute” su larga scala: studio pilota in pazienti talassemici


Abstract


Negli ultimi anni nuove tecnologie sono state rese disponibili per determinare la massa ossea basandosi sull’uso degli ultrasuoni, la cui trasmissione in una struttura porosa - come l’osso - dipende sia dalle caratteristiche fisiche del tessuto sia dalla sua microarchitettura. Nell’ambito del PROF (PRevenzione Osteoporosi Fratture) - progetto curato dall’ISBEM fin dal 2009 con alcune ASL del Sistema Sanitario Regionale pugliese - è stato attivato nell’ASL di Taranto un protocollo di studio su una specifica popolazione a rischio, quella dei soggetti affetti da β-talassemia, malattia genetica che causa una ridotta o una mancata sintesi della catena β-globinica dell’emoglobina, determinando un’anemia significativa. Tra le comorbilità maggiormente associate alla talassemia, di certo vi è l’osteoporosi che colpisce i pazienti fin da giovane età, con una prevalenza stimata intorno al 50-70% (vs il 15-17% della popolazione generale). Tutti i soggetti talassemici (n=88) hanno eseguito sia la densitometria ad ultrasuoni (QUS) sia quella basata su raggi X (DEXA) fra il 2008 e il 2010. Nonostante la prevalenza generale di osteoporosi misurata con le due tecniche risulti differente, dall’analisi dei dati emerge come la QUS sia in grado – al pari della DEXA, gold standard nella valutazione densitometrica ossea – di discriminare uno stato di demineralizzazione ossea in quei soggetti che avevano già subito una frattura ossea da fragilità. Il nostro studio dimostra come la QUS – metodica poco costosa e priva di radiazioni ionizzanti - fornisca una buona e affidabile stima del rischio fratturativo al pari della DEXA.

DOI Code: 10.1285/i9788883051029p68

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